CALIBRODODICI

L’USO TATTICO DEL FUCILE AD ANIMA LISCIA – 1^ PARTE

  • Gen. 2018

Con questa prima parte mi ricollego ad un mio precedente articolo su questo argomento, pubblicato da “Tiropratico” una buona dozzina di anni or sono. Ovviamente riveduto, corretto ed ampliato.

L’impiego del fucile ad anima liscia per scopi “di servizio” risale a metà del 1800, quando negli Stati Uniti d’America molte diligenze che percorrevano le strade e le piste dei territori di frontiera avevano a bordo, oltre al conducente, anche un uomo preposto alla vigilanza ed alla difesa. Quest’altro membro dell’equipaggio era molto spesso armato di una doppietta ad avancarica (generalmente le più diffuse erano in calibro 10) caricata a secondo delle necessità del suo possibile utilizzo. Oggi i tempi sono cambiati, i fucili a canne giustapposte o sovrapposte sono destinati essenzialmente all’uso venatorio, mentre per l’impiego operativo i modelli di fucili ad anima liscia che possiamo incontrare sono essenzialmente due: quelli semiautomatici e quelli comunemente definiti “a pompa”. Due armi che all’epoca della loro nascita erano anch’essi destinati alla caccia, ma che con il tempo hanno rivelato una straordinaria capacità d’impiego anche nelle Forze Armate e dell’Ordine.

Le caratteristiche tecnico/balistiche


I fucili ad anima liscia concepiti per l’impiego tattico sono dotati quasi sempre di una canna cilindrica, o al massimo con una strozzatura a “tre stelle” e pertanto le loro caratteristiche tecnico/balistiche, nel campo del tiro operativo, sono ancora più direttamente proporzionali al tipo di cartuccia impiegata.
Ragione per cui, prima di definite le caratteristiche tecniche di questi fucili vediamo quali sono le tipologie generali delle munizioni che impiegano.

Le cartucce


Le cartucce per i fucili ad anima liscia si suddividono in tre grandi famiglie: palla, pallettoni e pallini. Ovviamente si tratta per lo più di cartucce di estrazione commerciale destinate ad un uso venatorio, quindi nel campo della difesa personale possiamo escludere quelle cartucce a palla dalle caratteristiche marcatamente venatorie e le cartucce a pallini con un numero di piombo inferiore al 3. Non che le cartucce contenenti dei pallini di diametro inferiore siano inefficaci, anzi tutt’altro, ma si tratta pur sempre di cartucce concepire per la caccia ed il loro impiego in campo operativo/tattico comporta dei limiti e delle condizioni che descriverò più avanti.
Tra le caratteristiche tecnico/balistiche di queste cartucce si ha una netta distinzione tra “tiro utile” e “tiro efficace”. Gabriel Suarez, nel suo libro “The Tactical Shotgun”, suddivide le due suddette caratteristiche in tre distinte zone d’impiego.

La zona A

, che corrisponde ai primi 7 metri misurati dalla volata. A questa distanza le cartucce a pallettoni mantengono una rosata molto stretta e si comportano quasi come se impattassero tutte in un unico punto, con effetti devastanti. Anche le cartucce a pallini mantengono un potere invalidante decisamente letale, proprio per la ristrettezza della rosata e l’energia che posseggono ad una tale distanza. Per entrambe queste tipologie di caricamento persino la borra contenitore potrebbe rivelarsi letale. Le cartucce a palla, è quasi inutile dirlo, sono letali al 100%.

La zona B

, che corrisponde ad una distanza compresa tra i 7 ed i 25 metri circa. In quest’area le cartucce a palla ed a pallettoni danno il meglio di loro. La rosata delle cartucce a pallettoni è relativamente contenuta ed a 25 metri rimane compresa in un diametro di circa 60/70 centimetri. Gli effetti dei pallettoni, ancora abbastanza raggruppati, sono ovviamente letali. In questa zona, più aumenta la distanza e più le cartucce a pallini saranno alla corda, pur mantenendo una capacità lesiva di tutto rispetto, ma la rosata inizierà ad allargarsi considerevolmente e solo il loro quantitativo sul bersaglio, in rapporto alle dimensioni dei pallini, può garantire una certa efficacia.

La zona C

, che comprende le distanze superiori ai 25 metri sino al limite della gittata. In questa vasta area la rosata dei pallettoni comincia ad allargarsi troppo e anche se possiamo comunque ritenere che un pallettone rimane ancora letale sino a circa 80 metri (e talvolta anche oltre, come tristemente dimostrato), la possibilità di colpire un bersaglio ostile si riduce in modo notevole, diventando praticamente fortuita con l’aumentare della distanza. Le cartucce a pallini le possiamo mettere da parte e l’unica cartuccia micidialmente efficace rimane quella a palla. Se nelle precedenti aree non ho parlato troppo specificamente di questo tipo di cartucce è perché definire letale una palla calibro 12 entro i 25 metri è una cosa sin troppo scontata. Oltre questa distanza una cartuccia che utilizza una palla particolarmente conformata può garantire una precisione ed una efficacia di tutto rispetto contro qualsiasi bersaglio. Più aumenta la distanza e più sarà importante il tipo di palla che andrà scelta, che in ambito operativo non dovrà avere delle caratteristiche marcatamente venatorie, ma è necessario che abbia una buona stabilità e mantenimento della traiettoria. Tanto meno deve per forza essere una cartuccia con caricamento magnum, non serve tutta questa potenza e sarebbe solo deleteria per il riallineamento rapido sul bersaglio. Sulla scelta di questo tipo di cartucce c’è un po’ da sbizzarrirsi e qui contano molto le sensazioni personali. Quindi è meglio scegliere in base alle proprie esigenze e preferenze.
Anche in zona è comunque possibile ottenere dei buoni risultati in termine di precisione ed efficacia nel ripetere i tiri, ma conta molto l’esperienza del tiratore e l’affiatamento che ha con la sua arma.

Tenete presente che quanto sopra esposto si riferisce a delle prove effettuate con dei fucili dotati di una canna cilindrica della lunghezza di 51 centimetri, priva di strozzature, provate e verificate anche da me stesso in diverse situazioni d’impiego.
Qualora si utilizzasse una canna dotata di una strozzatura a “tre stelle” l’apertura della rosata delle cartucce a pallini ed a pallettoni verrebbe ritardata e sia il tiro utile, sia l’efficacia sul bersaglio otterrebbero un sensibile incremento. Inoltre questo tipo di strozzatura consente l’impiego di molte cartucce a palla senza nessun rischio.
Per contro, se si utilizzasse un fucile dotato di una canna considerevolmente più corta si avrebbe un’apertura della rosata moto più ampia ed il suo tiro utile si ridurrebbe drasticamente.

Ritornando alle caratteristiche tecnico/balistiche parliamo di traiettoria. La traiettoria di tutte le summenzionate tipologie di palle tende a decadere in modo piuttosto precoce. Le caratteristiche balistiche di una palla sferica non sono certo esaltanti e solamente alcune palle calibro dodici, che hanno una conformazione tale da generare una rotazione sul loro asse, sono in grado di riprodurre, in parte le caratteristiche balistiche dei proiettili sparati in una canna rigata.
Da ciò ne deriva che anche per quanto concerne la gittata massima, rilevabile mantenendo la canna dell’arma rivolta in aria a circa 40° rispetto al suolo, le palle calibro dodici sono ovviamente le più prestanti rispetto ai pallettoni o ai pallini, ma nonostante tutto l’area di sgombero si attesta intorno agli 800 metri. Se la confrontiamo con quella della cartuccia 9 mm. Parabellum che è di 1900 metri, possiamo capire perché l’impiego dei fucili a canna liscia nei servizi di Polizia è decisamente preferibile a quello di una qualsiasi pistola mitragliatrice. Il rischio che delle palle vaganti possano colpire e ferire degli ignari passanti a distanze notevoli e assai più improbabile.

Le cartucce per impieghi speciali

.
Un altro vantaggio dei fucili a canna liscia è quello di poter impiegare delle particolari cartucce progettate e sviluppate per degli scopi ben specifici. Di queste cartucce “speciali” ne sono state progettate e prodotte una moltitudine e per gli scopi più disparati, che vanno da quelle non letali a quello per l’apertura delle porte, al lancio di sistemi elettronici, a scoppio ritardato, traccianti e via dicendo senza contare poi le produzioni artigianali. Però per quanto concerne il nostro tema voglio specificare meglio solo le prime che ho menzionato.
Le cartucce non letali (o quasi): Queste particolari cartucce sono prodotte seguendo le medesime tre tipologie di caricamento; ossia palla, pallettoni e pallini ove quest’ultimi sono sostituiti da dei granuli di plastica. La differenza principale rispetto alle cartucce da caccia sono due; possiedono una carica di lancio ridotta che ne abbassa l’energia e sono caricate con una palla o dei pallettoni di gomma semidura, oppure dei granuli di plastica dura.

Attenzione però

! Le cartucce a palla o a pallettoni si possono ritenere “non letali” solo oltre una certa distanza. Perché al di sotto della distanza indicata sulla confezione o delle istruzioni allegate alla scatola, queste cartucce possono causare delle lesioni letali o permanenti, con gli immaginabili risvolti giudiziari che seguirebbero. Le cartucce contenenti i granuli di plastica sono sicuramente le più efficaci e, per mia esperienza, le più idonee per la difesa in un ambiente domestico. Fermo restando che se sparate in faccia posso causare comunque delle lesioni gravissime, se indirizzate nelle altre parti “molli” fanno male… ma tanto! Il limite tecnico di tutti questi caricamenti è che, data la bassa energia sviluppata, non permettono il completamento del ciclo funzionale nei fucili semiautomatici e pertanto vanno impiegate secondo dei criteri ben precisi.
L’efficacia lesiva (ossia sino a dove fanno ancora male) di queste cartucce non letali va dagli oltre dieci metri delle cartucce a palla di gomma, per poi decrescere agli otto/dieci dei pallettoni di gomma e sino a raggiungere cinque per quelli a granuli di plastica.

I pro ed i contro


Come ogni arma anche questi fucili hanno i loro vantaggi ed i loro svantaggi.

  • Tra i vantaggi possiamo annoverare proprio la varietà del munizionamento in commercio, che permette un’ampia scelta in base all’uso ed alle necessità di ciascuno di noi, nonché le sue summenzionate caratteristiche generali, decisamente favorevoli ad un utilizzo difensivo in campo aperto.
  • La possibilità di ingaggiare un bersaglio in modo molto rapido, anche senza traguardare perfettamente gli organi di mira.
  • La facilità di apprendimento del corretto utilizzo dell’arma.
  • Il potere deterrente dovuto proprio alle reali capacità di questi fucili, grazie anche a ciò che la cinematografia ha ingigantito e che molte persone credono una verità sacrosanta.

Per quanto riguarda gli svantaggi non si può non mettere al primo posto gli effetti fisici;

  • Il poderoso rinculo e la forte detonazione. Provate ad esplodere una breve serie di cartucce, non necessariamente con caricamento magnum e vi accorgerete che la vostra spalla smaltirà il rinculo solo un paio di giorni dopo. Peggio sarà se non avrete imbracciato il fucile correttamente.
  • Il rumore. Colui che consiglia queste armi come “ideali per la difesa abitativa” dovrebbe prima provare a sparare anche un solo colpo dentro ad una stanza senza indossare le cuffie. Se non avrà avuto l’accortezza di utilizzare del munizionamento prodotto all’uopo (ammesso che esista), potrà dirsi fortunato se non si sarà leso un timpano e comunque avvertirà un senso di fastidio o di stordimento tale da rallentare e/o precludere ogni altra azione. Personalmente ho provato un’esperienza simile con il 9 mm. Parabellum. Anche se non sono rimasto stordito, l’orecchio sinistro mi ha fischiato per un mese e nella successiva visita otorinolaringoiatrica mi venne diagnosticato un leggero trauma alla membrana del timpano.
  • Altri svantaggi sono la difficoltà nel ricaricare ogni singolo colpo stando distesi a terra e la lentezza del rifornimento del serbatoio. Purtroppo degli accessori come gli speed-loader si sono rivelati più un impaccio che un’utilità, essendo troppo ingombranti per essere trasportati agevolmente addosso. Tuttavia, in tempi più recenti, sono stati sviluppati dei contenitori da cinturone che permettono di trasportare in modo comodo e pratico un discreto numero di cartucce. Questi contenitori, nati più per le attività sportive che non operative, permettono di sistemare le cartucce al loro interno in modo tale che sia più agevole afferrarle ed inserirle direttamente nel serbatoio del fucile. Si tratta di sistemi molto pratici ma che richiedono comunque un certo addestramento per poterli sfruttare al pieno delle loro possibilità.

Tirando le somme si può comunque ritenere che questi fucili sono sicuramente delle armi idonee all’impiego operativo, specie se si opera in un ambito urbano o comunque entro un campo d’azione di 30/40 metri. In questo contesto il fucile ad anima liscia offre il massimo del suo potenziale.
Non si può trascurare inoltre che si tratta di armi il cui impiego è di facile apprendimento e quindi anche per questo idonee alla distribuzione su ampia scala per degli Operatori del settore della sicurezza.

Il porto tattico


Come possiamo tenere il fucile per averlo subito a disposizione, pronto ad imbracciarlo? Partiamo da una posizione di riposo. La “

African Carry

”.
Questo modo di portare il fucile deve il suo nome all’abitudine che avevano i cacciatori di belve europei per trasportare comodamente l’arma per lungo tempo, pur mantenendola in modo tale da poterla imbracciare rapidamente.
La “African Carry” prevede che, mantenendo il corpo in posizione eretta, il fucile sia portato con la canna rivolta verso il basso ed in posizione capovolta, ossia con il grilletto rivolto verso la direzione di marcia. L’arma viene appesa con la cinghia alla spalla sinistra (viceversa per i mancini) con il calcio vicino all’ascella. Quindi la cinghia non dovrà essere molto allentata. A primo avviso sembra una cosa inusuale, ma per portare il fucile in posizione di tiro é sufficiente allenarsi un poco a fare questa semplice operazione:
Mantenendo il fucile in quella posizione afferiamo l’astina con la mano sinistra. Facendo fulcro sulla spalla alziamo il fucile in posizione orizzontale. Contemporaneamente a questo movimento facciamo ruotare l’arma sul suo asse di 180° verso l’interno ed afferiamo con l’altra mano l’impugnatura del calcio. In questo modo la cinghia scivolerà da sola giù dalla spalla ed il fucile si troverà davanti a noi pronto ad essere usato.
Niente di circense! Personalmente con un breve allenamento e portando l’arma in sicura con il colpo camerato si riesce ad esplodere un colpo in due secondi, colpendo un bersaglio posto a sette metri. E si può fare di meglio! Personalmente dopo una decina di prove con un fucile a pompa sono sceso sotto ai due secondi, esplodendo un secondo colpo sul bersaglio in poco meno di tre.
Come avrete ormai notato dalla “African Carry” si possono poi raggiungere entrambe le posizioni di massima prontezza operativa, definite in gergo “High-Ready” e “Low-Ready” (tradotte in italiano “prontezza alta” e “prontezza bassa”). Queste sono due posture nelle quali l’arma è pronta per essere utilizzata, ma che per ragioni di sicurezza la canna viene tenuta rivolta verso un punto in cui un colpo sparato accidentalmente non può nuocere (un classico delle norme di sicurezza con le armi).
Queste posizioni di prontezza devono essere utilizzate in base allo scenario operativo in cui si agisce, in quanto entrambe possono rivelare delle complicazioni che possono inficiare il corretto puntamento dell’arma ed il suo impiego in sicurezza.
High-Ready”. In questa postura il fucile è impugnato con entrambe le mani ed è tenuto davanti a noi con la canna rivolta a 45° verso l’alto. Il mirino viene mantenuto all’altezza degli occhi, in modo che resta sempre immediatamente visibile mentre rivolgiamo lo sguardo intorno a noi e che rimanga già posizionato sul bersaglio mentre andiamo ad assumere la posizione di tiro. In pratica il mirino sul bersaglio sarà il fulcro per il movimento con cui andiamo a portare il calcio alla spalla. La “High-Ready” non è una tecnica dal puntamento velocissimo. Quando si agisce di fretta e l’uso operativo è il più ovvio dei casi, il calcio può impuntarsi nell’abbigliamento e ritardare o inficiare l’acquisizione della posizione di tiro e l’allineamento sul bersaglio. Tuttavia rimane un modo molto sicuro per portare l’arma in condizioni di prontezza se si opera in ambienti particolarmente ristretti ed angusti, come l’interno delle abitazioni o nei vicoli urbani, luoghi dove tenere d’occhio la volata è sempre consigliabile.
Low-Ready”. Questa posizione di prontezza operativa è indubbiamente la migliore con qualsiasi arma lunga. In quest’altra postura il fucile é sempre impugnato con entrambe le mani ed è tenuto davanti a noi, ma con la canna rivolta a 45° (o più) verso il basso. Il calcio è mantenuto a contatto dell’incavo tra il busto e la spalla, in modo da fare subito da fulcro per quando andiamo in puntamento. La Low-ready permette di acquisire il bersaglio con più rapidità, mantenendo l’arma più stabile e favorendo l’operazione di armamento senza scuotimenti. Infatti la trazione dell’astina sarà agevolata dal fatto di avere il calcio già a contatto con il corpo. Vantaggio assai rilevante con i fucili a pompa.
Se stiamo operando in spazi aperti o comunque in luoghi che ci permettano di spostarci agevolmente la Low-Ready è il modo migliore per portare l’arma in condizioni di massima prontezza. Non per nulla è ormai la postura adottata dai soldati di tutti gli eserciti moderni.
Per contro, si potrebbero riscontrare delle difficolta di acquisizione del bersaglio se si opera in ambienti ristretti, il movimento dal basso verso l’alto della canna può incontrare vari ostacoli e se ci sono dei compagni davanti a noi non è sempre piacevole avere una canna calibro 12 rivolta verso i piedi. Ovvio è che a ciò si sopperisce con un addestramento adeguato.

Ultima considerazione. Quanto sopra ha evidenziato i vantaggi e gli svantaggi del portare un’arma lunga in condizioni di prontezza operativa. Dato per scontato che l’arma va portata in sicura e con la cartuccia camerata, qualunque sia la posizione che abbiamo scelto non dobbiamo mai dimenticarci le basilari norme di sicurezza nel maneggio delle armi da fuoco e tanto meno trascurare la nostra preparazione, ma continuando ad addestrarci ed esercitarci costantemente.

Vediamo ora quali sono le caratteristiche tecnico/balistiche dei fucili ad anima liscia.

Il fucile a pompa


Contrariamente a quello che credono la maggior parte delle persone, ma che gli appassionati di armi sanno bene, il fucile a pompa non è altro che un normalissimo fucile da caccia a canna liscia ad azione manuale, generalmente prodotto in calibro 12. Il termine “a pompa” identifica, per similitudine, soltanto l’operazione manuale che si deve fare per camerare ed espellere le cartucce. Ossia è una parte del ciclo funzionale del fucile. Non c’è nulla che aumenta la potenza dalle cartucce esplose, non c’è nulla che accresce le caratteristiche tecnico/balistiche dell’arma. Come per gli altri fucili da caccia a canna liscia, la potenzialità del fucile a pompa è in diretta relazione con il tipo di munizionamento impiegato ed è proprio in questo dove il fucile a pompa eccelle rispetto agli altri fucili da caccia.
Il fatto che il cameramento e l’espulsione delle cartucce avviene tramite un’operazione manuale elimina qualsiasi possibilità di inceppamento dovuto alla debolezza di alcune cariche di lancio, un fenomeno che in passato causava non pochi problemi ai fucili semiautomatici.
Inoltre, alcuni di questi fucili, hanno la possibilità di accogliere sino a 7 (in certi casi anche 8) cartucce nel serbatoio, garantendo così una eccellente autonomia rispetto ai più comuni fucili a canne sovrapposte o giustapposte, limitati ai soli due colpi.
L’impiego del fucile a pompa per compiti di sicurezza risale alla fine del 1800, mentre in ambito militare risale ufficialmente al 1899, durante la rivolta per la Secessione delle Filippine, quando il corpo di spedizione americano adottò ed impiegò detti fucili (il più famoso dei quali fu il Winchester 1897) per avere ragione dei guerriglieri Moros Juramentados. In seguito il fucile a pompa dimostrò la sua validità nel combattimento ravvicinato in ambienti ristretti in entrambe le due guerre mondiali, sia nelle trincee delle Argonne, sia nelle giungle delle isole del Pacifico. Due teatri in cui i soldati e marines degli Stati Uniti seppero fare buon uso di queste armi.
Ancora oggi una moltitudine di Polizie degli Stati Uniti d’America fanno di questo fucile una sorta di compagno insostituibile dei loro Agenti, sin dal tempo del proibizionismo (questo termine si riferisce per antonomasia al periodo di tempo compreso tra il 1919 ed il 1933, quando negli Stati Uniti d’America venne sancita la proibizione della fabbricazione, vendita, importazione e trasporto degli alcolici).
D’altronde è indubbiamente una verità, il fucile ad anima liscia trova la sua validità d’impiego proprio negli scontri ravvicinati e l’ambito urbano è uno di questi. Un ambiente dove serve un’arma potente, ma dalla gittata piuttosto corta, in modo da contenere la pericolosità dei proiettili in un’area ristretta, limitando così il rischio che dei colpi vaganti possano coinvolgere delle persone innocenti che si trovano a qualche centinaio di metri di distanza.
Come funziona: Il ciclo funzionale di un qualsiasi fucile a pompa è molto semplice e si riassume in sole tre fasi. Dopo aver inserito le cartucce nel serbatoio si procede in questo modo:

  • Si afferra saldamente l’astina scorrevole (parte del sottocanna che funge da impugnatura) e la si tira con forza verso di sé. In questo modo una cartuccia viene sfilata dal serbatoio ed é pronta per essere camerata. Nel contempo l’otturatore viene spinto indietro dalle aste di armamento rimanendo aperto ed il cane viene armato dall’arretramento dell’otturatore.
  • Poi si spinge con decisione l’astina in avanti sino in fondo. La cartuccia viene camerata dall’otturatore che va in chiusura e l’arma è pronta al fuoco con il cane armato.
  • Scatto e sparo. Tirando il grilletto il cane colpisce il percussore causando l’esplosione della cartuccia. Per ripredisporre nuovamente l’arma a fare fuoco si ritorna alla prima fase, nella quale si attuerà anche estrazione e l’espulsione del bossolo della cartuccia esplosa.

Il ciclo funzionale si completa quindi con pochi e decisi movimenti.
I malfunzionamenti: Nei fucili a pompa i malfunzionamenti sono estremamente rari. La semplicità dei congegni dell’arma ed il ridotto numero di parti in movimento, scongiurano quasi del tutto i rischi di un inceppamento. Quindi, a meno che non si rompa qualche pezzo particolare, si può dire che gli unici casi in cui può capitare un malfunzionamento e durante le fasi di estrazione o cameramento delle cartucce. Due ipotesi comunque abbastanza rare, che possono verificarsi principalmente durante uno forte scuotimento dell’arma (ad esempio quando si sta correndo), oppure agendo maldestramente sull’astina.
Durante queste due fasi può succedere che la cartuccia estratta o quella da camerare si posizioni in modo anormale tra la finestra di espulsione e la cucchiaia di caricamento. Pertanto, in tali casi bisognerà agire nei seguenti modi:

  • Nel caso di una mancata espulsione, dopo aver visionato la causa dell’inceppamento, si gira il fucile con la finestra di espulsione in basso e si estrae, magari aiutandosi con un dito, la cartuccia esplosa.
  • Nel caso di un mancato cameramento sarà sufficiente ruotare l’arma con la finestra di espulsione verso l’alto e con un dito della mano destra (l’altra sorreggerà il fucile) si riposiziona la cartuccia in modo corretto.

Le suddette operazioni sono estremamente facili da compiere, anche in una situazione di pericolo, ciò non toglie che se il fucile si inceppa, la prima cosa da fare dopo aver raggiunto un riparo, sarà quella di valutare bene la situazione e caso mai ricorrere alla pistola. Poi con calma, a suo tempo, si riporterà l’arma in condizioni di funzionare.

I fucili semiautomatici


Diversamente dai fucili a pompa, il cui funzionamento è unico per tutti i modelli, i fucili semiautomatici moderni sono progettati e prodotti seguendo principalmente due diverse tipologie di congegni di chiusura. Quelli a sottrazione di gas e quelli ad energia inerziale.
Come funzionano: I fucili a sottrazione di gas funzionano nel consueto modo e cioè sfruttando una parte del gas di combustione della cartuccia.

  • Ad arma già rifornita di cartucce nel serbatoio, si afferra la leva di armamento dell’otturatore e lo si arretra con decisione rilasciandolo a fine corsa (senza accompagnarlo in chiusura).

1-b. Se l’arma è priva delle cartucce, si arretra l’otturatore sino a che si blocca in apertura. A questo punto si può inserire manualmente una cartuccia in camera e poi preme il pulsate di chiusura dell’otturatore (definito anche cut-off) che provocherà la chiusura dell’otturatore ed il cameramento della cartuccia. Quindi si rifornisce il serbatoio con le necessarie cartucce.

  • Ora l’arma è pronta al fuoco con il cane armato.
  • Tirando il grilletto il cane colpisce il percussore causando l’esplosione della cartuccia.
  • Quando i gas generati della carica di lancio arrivano ad un certo punto della canna, una parte di essi defluiranno attraverso uno o due fori praticati in essa e provocheranno l’arretramento di un pistone circolare, posto intorno al serbatoio. Al pistone sono collegate le due aste di armamento e l’otturatore che arretreranno tutti insieme, causando la compressione della molla di recupero dell’otturatore. L’otturatore arretrando estrae ed espelle il bossolo.
  • Una volta raggiunta la massima compressione, la molla di recupero spingerà in avanti l’otturatore che azionerà la cucchiaia di caricamento, sulla quale si troverà una cartuccia appena sfilata dal serbatoio. In questo modo la cartuccia verrà camerata dall’otturatore.
  • Il fucile è ora pronto al fuoco con il cane armato.

I fucili dotati di un congegno di chiusura ad energia inerziale funzionano invece sfruttando la sola energia del rinculo della cartuccia.
In pratica solo la fase 4 varia rispetto a quella precedentemente descritta. In questo caso infatti i gas generati della carica di lancio spingono con forza retrograda la testa dell’otturatore all’indietro e ciò causa la compressione della molla posta dietro di essa e lo sbloccaggio delle alette della testa dell’otturatore, che ruota leggermente sul proprio asse. Una volta che la testa dell’otturatore si è sbloccata, l’energia retrograda è ancora sufficiente per provocare l’arretramento di tutto l’otturatore, che estrae ed espelle il bossolo mentre comprime la molla di recupero.

I malfunzionamenti: In questi fucili i malfunzionamenti riguardano principalmente l’utilizzo di cartucce che producono una bassa energia, tale da non permettere il completamento del ciclo funzionale. In tali casi bisognerà intervenire arretrando manualmente l’otturatore tramite la sua leva, in modo da espellere il bossolo e, se necessario, camerare un’altra cartuccia.
Nei casi in cui l’inceppamento è dovuto all’errato posizionamento della cartuccia, o alla sua parziale estrazione, allora bisognerà intervenire nel medesimo modo descritto per la risoluzione dei malfunzionamenti nei fucili a pompa. Avendo però l’accortezza di mantenere aperto l’otturatore o di bloccarlo in apertura.

I fucili bivalenti


Armi poco diffuse ma indubbiamente valide, i fucili bivalenti incorporano in loro entrambe le stesse precedenti caratteristiche di funzionamento. In pratica possono funzionare sia in modalità semiautomatica, sia manuale “a pompa” a scelta dell’utilizzatore. Si tratta di un concetto d’armi praticamente tutto italiano, tant’è che gli unici fucili bivalenti in commercio sono stati i Franchi SPAS 12 e SPAS 15 ed il Benelli M3, quest’ultimo tuttora in produzione in diverse versioni.
Il vantaggio dei fucili bivalenti è quello di poter scegliere la modalità di funzionamento in base al tipo di munizione che si vuole utilizzare nell’immediatezza, permettendo così di impiegare delle cartucce a bassa energia con la modalità manuale, per poi passare alla modalità semiautomatica per le altre cartucce con carica standard o anche magnum. La selezione tra i due tipi di funzionamento avviene nel Benelli M3 in modo facile ed intuitivo semplicemente ruotando una ghiera all’apice del serbatoio. Mentre nei fucili della Franchi bisognava tener premuto un pulsante ed arretrare l’astina sino ad un determinato punto di riferimento, inoltre il suo impiego richiedeva dei procedimenti un po’ più macchinosi non proprio immediati da apprendere, che necessitava agli Operatori un certo addestramento.
Inoltre i fucili bivalenti richiedevano di un maggior studio progettuale ed un maggior numero di parti e tutto ciò si rifletteva in un aumento del costo di produzione. In virtù di ciò la maggior parte dei produttori di armi, in particolare quelli americani, hanno preferito non cimentarsi con questa tipologia di fucili, ritenendoli superflui e costosi per la loro fascia di mercato.
Giusto per dovere di cronaca voglio aggiungere che il primo fucile bivalente fu il Franchi SPAS 12, che venne immesso sul mercato nel 1979 e che grazie alla sua linea accattivante ed avveniristica e malgrado il peso non proprio contenuto (la Franchi non fece certo economia di acciaio), negli Stati Uniti d’America si guadagnò la fama di vero ed unico fucile tattico, ottenendo un buon successo commerciale e diventando protagonista di numerosi film d’azione, tra i quali “Terminator” con Arnold Schwarzenegger.

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Francesco Zanardi